Studio delle ripercussioni sulla psiche umana del consumo di pop corn al cinema
Mi piace finirlo entro i trailers.
Mi piacciono i trailers lunghi e complessi.
Mangiare durante il film è odioso, irritante, in sostanza orribile. Questo continuo "crunch crunch", non lo reggo proprio, il rumore costante e ripetitivo delle mie mascelle che triturano mais scoppiato. Perchè è chiaro che il gesto di mangiare pop corn è assolutamente meccanico, privo di qualunque imperfezione, cadenzato come il tic tac di un orologio e si ferma solo quando le dita unte sentono il fondo, lo tastano tutto e sono ben certe che non ci sia più nulla.
Capita però che il film sia un po'...crudo, e la sala un po'...avvolgente, e il patto narrativo un po'...stretto, sono i casi in cui ci si trova nel film, ma dentro dentro.
Quando te la fai addosso se è horror, quando ti schifi se è sanguinario, o ti viene il magone se è di quelle palle tristissime dove il protagonista muore in maniera eroica o no, il pop corn è essenziale.
Ti ricorda che le tue funzioni vitali sono scollegate dall'esito del film.
Spiego meglio. Qualunque cosa accadrà, qualunque sia la calamità, la malattia, l'incidente, la tragedia che si beccherà il figo di turno le tue funzioni digestive proseguiranno tranquillamente, insomma non sei li, non ci puoi essere e la tua comoda poltroncina è effettivamente una comoda poltroncina.
L'altra sera, mentre vedevo 300, il pop corn era finito.
O.
Etichette: Storie di vita vissuta